Torna a casa Miro: il cane arrestato perché abbaiava troppo torna libero dai suoi padroni (ovvero: se non avete riso andatelo a compr… cioè dovete necessariamente leggere il post)

Ieri sera ho adocchiato su Facebook l’anteprima di un articolo (1) il cui titolo recitava:

Il tribunale accoglie il ricorso: torna a casa Miro, il cane accusato di abbaiare troppo

Ho supposto, con un notevole sforzo di fantasia, che qualcuno avesse denunciato i vicini per gli schiamazzi del loro cane, che il cane fosse stato spedito in canile e che i padroni abbiano fatto ricorso contro la denuncia, lo abbiano vinto e si siano ripresi il cane.
Poi ho cliccato sul link e ho letto l’articolo, scoprendo che le cose sono andate in tutt’altro modo.

Già il sottotitolo chiarisce qualcosa:

Mentre le firme alla petizione per chiedere la sua liberazione sono diventate oltre 240mila, il pastore maremmano sequestrato alla sua famiglia (sic!) dopo la denuncia di un vicino lascerà il canile. L’avvocata (sic): “In molti hanno testimoniato per lui”

In pratica il ricorso era stato fatto contro la decisione del tribunale di rinchiudere il cane in un canile per evitare che continuasse a molestare i vicini, e il tribunale del riesame lo ha accolto per motivi ridicoli e facilmente smontabili.
Innanzitutto, come l'”avvocata” dei “padroni” del molestatore ha dichiarato a “Repubblica”, c’è stata una grande mobilitazione sui social, grazie a cui sono state raccolte 240 mila firme. In pratica 240 mila cliccatori seriali che non hanno mai sentito il cane abbaiare, che non hanno vissuto il disagio del denunciante, ma che magari sono animalettari e/o “padroni” di animali, hanno “televotato” per far sì che il cane tornasse a rompergli i co… timpani (e i nervi).

L'”avvocata” inoltre sostiene che, sempre grazie ai social, siano emerse testimonianze che contraddirebbero quanto dichiarato dal vicino danneggiato. Tali dichiarazioni saranno state verbalizzate e verificate o c’è solo il commentino su Fesbuc?
Non paga, ha anche strumentalizzato la dichiarazione del responsabile del canile che ha “ospitato il cane” (sic. Ma non era stato sequestrato?), che sostiene che, “in base alla sua esperienza, il cane è un soggetto molto equilibrato, che non mostra comportamenti di disagio e abbaia soltanto se sollecitato“.
E verrebbe da dire: “Grazie al ca%%o!”. Magari nel canile stava bene, perché circondato da altri esemplari della sua specie (i cani), e le sollecitazioni erano ridotte al minimo. Diverso è se il cane viene piazzato in un giardino (come è accaduto con “Miro” (2)) davanti a cui passa continuamente gente, anche con cani al seguito, motocicli, automobili, ecc. Una sollecitazione continua! E grazie al ca%%o (ribadisco) che abbai!
Possibile che il tribunale del riesame non abbia fatto questa osservazione, che non solo avrebbe fatto propendere per la permanenza della bestia nella struttura “detentiva”, ma avrebbe aggravato la posizione dei suoi “padroni”, rei di averlo esposto – volontariamente e con la perfetta consapevolezza delle sue reazioni tutt’altro che composte – alle “sollecitazioni” provenienti dalla strada o comunque dall’ambiente cittadino circostante?

Ma se vogliamo ridere sul serio (paradossalmente) gustiamoci la seguente perla dell'”avvocata”:

Il tribunale non ha avuto problemi ad accettare il nostro ricorso poiché abbiamo presentato prima di tutto argomentazioni di diritto, ricordando che esistono sentenze della Cassazione nelle quali è stato stabilito con chiarezza che un animale d’affezione non può essere considerato un bene sequestrabile.

Grandi argomentazioni di diritto, le sentenze delle Cassazione…
E’ ovvio che i cani non siano beni sequestrabili, perché non sono beni! Sono esseri viventi dotati di una propria volontà e di diritti, tra cui quello di essere liberi. Negando loro tale diritto siamo noi stessi a considerarli dei “beni”, come implicitamente afferma la “formula” utilizzata dalla Cassazione per la sua sentenza. L’avrà notato, l'”avvocata”? I cani non sono beni sequestrabili, ergo si dà per scontato che siano dei beni. D’altronde se i cani non fossero “beni” non sarebbero neanche detenibili! Qualcuno ha mai chiesto a un cane il suo parere in merito alla convivenza con degli umani, per di più sotto il loro “dominio”, nell’impossibilità di utilizzare il proprio “libero arbitrio”, e senza neanche poter assecondare i propri istinti? Se anche fosse, qualcuno è mai riuscito a interpretare con assoluta certezza le sue risposte?
Se il cane viene elevato a “compagno di vita” dovrebbe godere degli stessi diritti e sottostare agli stessi obblighi della sua controparte umana! Ma così non è fin dal principio, in quanto spesso chi decide di “prendere” un cane lo fa per combattere la propria solitudine, mentre l’animale, spesso “adottato” da cucciolo, ha soltanto bisogno di una mamma cane e di poter fare le cose dei cani con altri cani.

Cosa vuol dire poi “animale d’affezione”? Animale a cui ci si può affezionare o animale che si possa affezionare all’uomo? In questo secondo caso, la cosa non è tanto scontata: la capacità di un cane di provare sentimenti umani come l'”affetto” è tutta da dimostrare. Spesso i comportamenti degli animali “domestici” sono dettati dall'”imprinting” (che li porta a riconoscere nel “padrone” il proprio capobranco, quando non addirittura il proprio genitore – cosa che in molti, “avvocata” compresa, danno addirittura per scontata e naturale) o da semplice “convenienza”.

Come ho scritto anche in passato, il problema sta nella nostra visione antropocentrica del mondo. Se si provasse a leggere una frase (tratta da (2)) del genere:

Tuttavia, al di là dei giudizi e delle opinioni, è bene ricordare che si tratta sempre di un animale che ora, senza il suo padrone e i suoi punti di riferimento, starà soffrendo non poco. Al senso di abbandono e alla perdita di libertà, infatti, non ci si abitua, soprattutto per esseri viventi che non hanno chiaro il perché stia accadendo tutto questo.

in una chiave più “universale” se ne scoprirebbero tutte le contraddizioni:

– “un animale […] senza il suo padrone“: come se fosse scontato che un animale debba avere un padrone;
– “e i suoi punti di riferimento“: i punti di riferimento di un cane dovrebbero essere i suoi genitori biologici e i “grandi” della sua specie, non degli esseri umani che della sua natura non sanno e non vogliono sapere un cacchio;
– “starà soffrendo non poco“: probabilmente soffre di più a stare chiuso in un giardino sotto lo stretto controllo dei suoi “padroni” che in una struttura ben più ampia a contatto con altri individui della sua specie;
– “Al senso di abbandono e alla perdita di libertà“: nel canile? E al senso di abbandono subentrato all’atto della separazione dai suoi genitori naturali e alla perdita di libertà causata dalla sua sottomissione forzata a dei “padroni” umani non pensiamo?
– “esseri viventi che non hanno chiaro il perché stia accadendo tutto questo“: perché invece hanno chiaro il perché si ritrovano a dover vivere alle dipendenze di esseri umani?

Che dire poi dell’affermazione del presidente nazionale dell’ AIDAA (Associazione italiana difesa animali e ambiente) (2), che sostiene (fiancheggiato dal giornalista di Repubblica autore di (1)) che il cane fosse stato sequestrato (e poi anche “arrestato“, ma tra virgolette, almeno lui – gli altri scriventi non le hanno usate) perché abbaiava troppo, forse per richiamare alla memoria dell'”avvocata” (dei “padroni” o del cane?) la sentenza secondo cui un cane ha diritto ad abbaiare (e ad essere libero e a vivere con i suoi simili no?)? Chissà se ha capito che le querele non erano indirizzate al cane, ma ai suoi “padroni” che, perfettamente consapevoli (presumo che avessero un minimo di cervello) del fastidio che il cane arrecava ai vicini con i suoi schiamazzi (non a caso lo tenevano fuori), non avevano adottato le misure necessarie ad impedirgli di disturbare. E’ per questo che il cane è stato “sequestrato”: perché i “padroni” non sapevano gestirlo nel rispetto dei vicini e della quiete dell’ambiente circostante (e questo il presidente dell’Associazione italiana difesa animali e ambiente dovrebbe saperlo); e per questo l'”avvocata” non difende il cane ma i “padroni” (spero). Il cane purtroppo non lo difende nessuno. E’ su tutto questo che gli animalettari dovrebbero riflettere, magari mentre portano i loro animali a scacazzare per strada.

Tornando alla vicenda di Roveré della Luna, nessuna decisione è stata presa in merito alla denuncia fatta dal vicino. Tuttavia il fatto che la famiglia si sia impegnata formalmente a tenere il cane in casa di notte non solo dimostra che il cane fosse tenuto in giardino anche in orari in cui la gente normale di solito riposa, ma anche (e soprattutto) che desse effettivamente fastidio, nonostante l'”avvocata” dichiari di aver raccolto testimonianze di segno contrario.

Un tribunale esemplare dovrebbe condannare i padroni sia per aver utilizzato il cane come mezzo di disturbo della quiete dei loro vicini, sia per averlo privato della sua libertà, diritto fondamentale e inalienabile di cui dovrebbero godere tutti gli esseri viventi. Peccato che in Italia ci siano così tanti animalettari che fanno pressione… e a volte anche i giudici…

 

(1) http://www.repubblica.it/cronaca/2018/04/11/news/il_cane_milo_torna_a_casa-193595168/
(2) https://www.ultimavoce.it/cane-arrestato-perche-abbaia/
N.B.: “Scorazzare” non si può proprio leggere, figuriamoci scrivere… per non parlare delle virgole messe a caso a mo’ di uvetta sulla torta, e dei “cosi fori”, che non voglio neanche sapere cosa siano… Si potrebbe dire che l’articolo sia scritto da cani, ma poi gli animalettari insorgerebbero… Quindi per una volta voglio dar loro ragione: un cane l’avrebbe scritto meglio.
(Ovviamente scherzo, ma gli strafalcioni purtroppo ci sono. Per sdrammatizzare: qual è il presentatore televisivo preferito dai cani? (Aiutino: se non vi viene chiedetelo a loro))

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