Una tomba a quattro ruote

In queste ore sui “social” si sta riversando una grandissima quantità di opinioni a proposito della vicenda della madre che ha “dimenticato” la figlia di 16 mesi in macchina sotto il sole (ma le donne non sapevano fare più cose contemporaneamente? (*)) causandone la morte, equamente suddivise tra chi giustifica la dimenticanza invocando gli “automatismi” (1) e chi parla di “madre snaturata”.
La mia attenzione però è stata catturata dal seguente passaggio di un articolo dell’ANSA:

Un po’ di tempo fa sulla sua pagina facebook, [la mamma] aveva pubblicato un articolo di un quotidiano dal titolo ‘Maternità e lavoro perché le donne non ce la fanno più’. (2)

Molte donne sicuramente storceranno il naso, perché secondo loro maternità e lavoro sono perfettamente compatibili e conciliabili (si lascia il bimbo ai nonni o con la babysitter, si manda al nido – magari accanto al posto di lavoro, in perfetto stile komunista -, ecc., ma comunque le donne riescono a fare più cose contemporaneamente (*), anche con il cellulare in una mano e la sigaretta nell’altra mentre guidano con la forza del pensiero canticchiando la loro canzone preferita).

Questa ovviamente non dev’essere una giustificazione o un’attenuante, ma comunque evidenzia due problemi di cui nessuno ha il coraggio di parlare: 1) lavoriamo troppo e 2) diamo troppa importanza al lavoro.

Per quanto riguarda il primo punto, è inconcepibile che un essere umano dedichi la maggior parte della sua giornata (9 ore nette, ad andare bene. Poi bisogna aggiungere il tempo per prepararsi, quello per raggiungere il posto, quello per tornare a casa, ecc.) al lavoro. Il tempo che gli rimane è del tutto insufficiente per svolgere le proprie normali attività “fisiologiche” (nutrimento, “smaltimento dei rifiuti organici”, ma anche riposo – la sera si “rende” molto meno per via, appunto, della stanchezza); figuriamoci per esercitare le proprie passioni… Figuriamoci per stare dietro ai propri figli!

E infatti la signora, a quanto pare, aveva una specie di contratto part-time (8-14. Sono 6 ore, ma se non ne lavori 8 sei uno sfatikato part-time), e nonostante questo non ce la faceva. Ovvio! Non è che un bambino puoi metterlo in pausa per 6 ore! I bambini, soprattutto nei primissimi anni di vita, hanno bisogno di cure continue soprattutto da parte delle madri. E’ la natura! Eppure molte donne non lo capiscono e non vogliono rinunciare a lavorare, o perché temono per il bilancio famigliare, o perché vogliono fare carriera nel lavoro, o perché vogliono essere indipendenti economicamente, magari in vista di un’ipotetica separazione o di un ipotetico divorzio (ma se due persone si sposano in chiesa non dovrebbero mai neanche lontanamente pensare a simili eventualità)…

Ovviamente di alcune cose (tipo accompagnare i bimbi all’asilo o – peggio – al nido) potrebbe occuparsi anche il papà. Per questo dovrebbero esserci agevolazioni anche per i padri almeno durante i primi anni di vita dei figli. Invece niente! 8 ore (nette) sono? E 8 ore si devono fare, indipendentemente da ciò che accade nella vita privata del lavoratore!

Data la messa in atto da parte dei datori di lavoro (forti di una legislazione del tutto a loro favore) di simili politiche, verrebbe voglia, se non di mandarli a cacare, almeno di disprezzarli. Invece, almeno per quello che posso constatare in prima persona, guai a parlare male del Capo o dell’Amministratore Delegato! Guai a dire ad alta voce, anzi, anche solo a pensare, che si dovrebbe lavorare di meno! Sarebbe un sacrilegio!!! Equivarrebbe a dire che non si vuole fare un ca**o!!! E si rischierebbe il SS. Posto Di Lavoro!!!
Eppure se la “massa”, la “forza lavoro”, iniziasse compatta a protestare, le cose sicuramente cambierebbero, perché un imprenditore, un amministratore delegato, un “caporale”, senza le braccia e i cervelli dei lavoratori non può fare un ca**o; non guadagna un ca**o; non vale un ca**o!

Allora, donne, voi che vi vantate di poter fare diecimila cose contemporaneamente (*), e anche voi, uomini, che fate i papà solo quando vostra moglie non può fare la mamma, e finite entrambi per dimenticare i figli in macchina, chiudetevi in una stanza in silenzio, al buio, senza cellulare, senza niente e nessuno che vi rompa i co***oni, e provate a pensare al senso della vita e alle sue priorità: siamo sulla Terra per popolarla, non per farci sfruttare da un pezzo di m***a che pensa solo a fare soldi e a noi non lascia nemmeno le briciole; se si perde il lavoro se ne cerca un altro, ma comunque con la solidarietà di cui noi esseri umani dovremmo essere capaci si trova sempre un modo per tirare avanti, e il datore di lavoro non perde comunque niente perché un sostituto lo rimedia sempre, e anche facilmente; se si perde un figlio… forse se ne potrà fare un altro, nella migliore delle ipotesi, ma il figlio scomparso non ritornerà… Allora che cos’è peggio? Perdere il lavoro o perdere un figlio?

In soldoni: donne, fate una cosa sola, ma fatela bene. Uomini, tirate fuori i co***oni e fate capire al capo che tra lui e i vostri Figli (e la vostra Vita) preferite di gran lunga i secondi (e la terza).
E vedrete che i bimbi nella macchina non li scorderete più.

 

 

Note:

(*): Questa “frecciata” è rivolta a una sconosciuta che propugnava in questi termini la presunta superiorità delle donne sugli uomini in un commento su Facebook.

Riferimenti bibliografici:

(1) – http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2017/06/07/bimba-morta-in-auto-per-lo-psichiatra-la-colpa-e-di-automatismi_1c05203b-9796-4059-8a42-536629126726.html

(2) – http://www.ansa.it/toscana/notizie/2017/06/07/bimba-morta-in-auto-dimenticata-dalla-mamma-_1c6891e7-4c7d-4206-bc93-6e401093dad4.html

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2 risposte a Una tomba a quattro ruote

  1. La Rockeuse ha detto:

    Ti dirò: hai ragione. Il lavoro non è tutto nella vita e forse ce lo siamo dimenticato, così come abbiamo scordato che si può vivere con poco e non con tutti i ninnoli di cui la pubblicità ci fa illudere di averne bisogno. Io lavoro, fortunatamente per mia figlia non full time ma ahimè per ora questo ho trovato e ne ho bisogno, perché la cresco da sola e certo, sono fortunata ad avere i miei genitori che mi aiutano. Però lo Stato, la parrocchia, da sempre una mano ai genitori in difficoltà, una piccola mano ma è qualcosa a cui appigliarsi per non farsi totalmente travolgere dal lavoro.
    Come ti dicevo, lavoro part time, mi occupo della bambina e come stasera finisco a fare la doccia a mezzanotte perché non ho avuto tempo e sì, sono stanca e non ce la faccio e sì, vorrei una vacanza e una tata h24. Mi consolo però pensando che la bambina crescerà, che tra qualche anno tutto questo sarà solo un ricordo, probabilmente dolce perché il tempo lenisce le ferite.

    • A ha detto:

      Innanzitutto grazie per il commento! 🙂
      Hai tutta la mia solidarietà. Ho scritto il post anche perché so per esperienza indiretta (essendo single ma avendo a che fare con famiglie con bimbi piccoli) cosa significhi crescere un figlio. E’ difficile per le mamme che non lavorano: non oso immaginare per quelle che lavorano (e per le mamme “single”…)… Chi ha dei figli non può pensare ad altro che a loro. Se si aggiungono altre “preoccupazioni” (lavoro in primis, ma anche la gestione della casa, i rapporti con parenti e amici, ecc.) è quasi automatico che il cervello vada in tilt…

      P.S.: In bocca al lupo per tutto! E spero che riuscirai a trovare il tempo e il modo di stare vicino a tua figlia anche quando sarà cresciuta… La presenza dei genitori è fondamentale sempre! 🙂

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